Full Tilt-Tapie, la storia infinita
La nuova vita cheFull Tilt Poker insegue dopo il "black friday" deve ancora superare le divergenze presenti tra i vecchi soci. Ci sono una montagna di dollari in ballo e nessuno vuole fare un passo indietro. Soprattutto i giocatori che da un giorno all'altro si sono visti soffiare tutto il bankroll. Molti grinder statunitensi usavano l'account della poker-room come una sorta di conto bancario, tenendo bankroll alla propria liquidità bancaria. E' quindi comprensibile la trepidazione con cui si attendono buone notizie da Berbard Tapie.
Il 24 gennaio scorso l'imprenditore francese ha rilevato oneri e onori (futuri) della red-room. In sostanza Tapie si è assunto l'impegno di versare al Dipartimento di Giustizia Americano 80 milioni di dollari e di rimborsare tutti i players non statunitensi, circa 150 milioni. Uno sforzo garantito dai profitti futuri legati alla riattivazione del sito online.
Le notizie positive ci sono. Tapie ha confermato l'accordo almeno a livello contrattuale e con ogni probabilità riuscirà a dare un futuro a Full Tilt. Lo sostiene lo stesso imprenditore francese: "La due diligence sta per essere conclusa e salvo sorprese dell’ultimo momento, confidiamo di poter concludere l’affare entro la fine di febbraio. La sottoscrizione del contratto di acquisizione è imminente. Dobbiamo completare gli accordi per poi riattivare la licenza Chris Ferguson non è un problema perché il deal è già stato convalidato".
Parole però che lasciano grande incertezza sui tempi d'attesa, visti i continui intoppi legate alle pretese avanzate da ex soci e giocatori professionisti di Full Tilt. Sembra da un lato risolta la questione legata a Chris Ferguson che aveva agito in giudizio contro il CEO Ray Bitar, rallentando la chiusura della trattativa. Ferguson aveva chiesto un resoconto finanziario su alcune operazioni sospette eseguite da Bitar, iter che impediva al Dipartimento di Giustizia di dare la propria autorizzazione all’acquisizione definitiva della room da parte del gruppo Tapie. Ricostruendo la diatriba emerge che Ferguson avrebbe ricevuto 60 milioni di dollari in 4 anni da Full Tilt. Di questi 25 milioni direttamente sul suo conto personale e 35 milioni in diversi conti controllati tramite Pocket Kings. Nel complesso “Jesus” avrebbe recuperato la gran parte del bottino, avanzando poco meno di 15 milioni utilizzati per mettere una pezza al bilancio dopo il Black Friday. Una somma che però Ferguson voleva recuperare da Tapie. Quest’ultimo gli ha proposto uno stock in azioni pari a 14 milioni di dollari, ma è arrivato il veto del DoJ che non concede agli ex manager di Full Tilt di essere tra i nuovi soci. A questo punto Ferguson ha chiesto di vedere i conti per capire che fine hanno fatto questi 14,3 milioni e come siano stati spesi da Full Tilt ma anche in questo caso il DoJ ha deciso di respingere il ricorso civile contro la pokeroom, negando la responsabilità per gli azionisti della società (fonte www.gioconews.it).
Ma per il gruppo Tapie risolto un problema è in arrivo subito una nuova gatta da pelare. Che questa volta porta i nomi di Phil Ivey, Barry Greenstein, Mike 'The Mouth' Matusow, Erick Lindgren, David Benyamine i quali avrebbero avanzato pretese di rimborso per una cifra complessiva che si avvicina ai 15 milioni di dollari. Se a questi dovessero poi aggiungersi altri top players in attesa di rimborso, come ad esempio Patrik Antonius, Jennifer Harman, Allen Cunningham, Andy Bloch, Gus Hansen, Phil Gordon , Erik Seidel, John Juanda, le cose per Tapie e soci potrebbero diventare davvero complicate e i tempi per rivedere Full Tilt operativa ancora decisamente lunghi.