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L'IPT non mi porta bene...

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luca pagano

Finora non sembra proprio che l'Italian Poker Tour mi stia dando grandi soddisfazioni come giocatore. Nonostante mi senta in un periodo di buona forma e abbia voglia di giocare e il recente quarto posto all'EPT di Varsavia sia stata una conferma di tutto questo, i tornei italiani continuano ad essere avari di soddisfazioni per me.

Nelle cinque tappe sin qui disputate dell'IPT non sono finora mai riuscito ad andare in premio e nella maggior parte dei casi sono uscito abbastanza presto, nel Day1. E' tempo di analisi per capire se c'è qualche differenza rispetto alle altre competizioni alle quali prendo parte.

Per prima cosa devo dire che quando torno in Italia dopo un EPT o un altro torneo internazionale, devo fare i conti con la mia attività lavorativa. E trovo sempre parecchio lavoro accumulato che mi aspetta...

La mia vita da giocatore mi piace sempre molto, così come l'attività imprenditoriale, che ormai da diversi anni ho avviato nel settore del poker, è per me affascinante, una sfida quotidiana.

Riuscire però a coniugarle entrambe non è sempre facile: i tempi sono ristretti, la fatica si accumula. In particolare poi, quando mi trovo direttamente coinvolto nell'organizzazione di un IPT il problema raddoppia, poiché sono contemporaneamente giocatore al tavolo e titolare della società (LC service srl) che gestisce l'evento. La mente oscilla tra l'attenzione al tavolo da gioco e la preoccupazione che tutto fili liscio a livello di conduzione del torneo. Fortunatamente per questo secondo aspetto posso contare su di uno staff veramente preparato e “solido” e soprattutto su mio padre Claudio, “vecchia volpe” del mondo del poker italiano, che è l'anima di tutta l'organizzazione dei nostri eventi. Ciononostante sono consapevole di non aver sin qui approcciato un torneo IPT con la giusta preparazione mentale, con la giusta serenità.

Il secondo elemento che credo di aver individuato è l'atteggiamento degli avversari italiani nei miei confronti che da un lato mi gratifica, ma dall'altro mi crea non pochi problemi. In altre parole quando sono al tavolo in Italia ho la netta sensazione che molti avversari conoscano abbastanza bene il mio gioco. E' probabile che questo dipenda dal fatto che commento i tornei di poker in televisione, scrivo articoli, parlo spesso del mio stile di gioco con le persone e sui media. Dal punto di vista personale non posso che essere felice e orgoglioso di avere tanto seguito tra gli appassionati di poker; dal punto di vista del gioco mi crea alcune difficoltà, nel senso che molti avversari rispettando la mia immagine giocatore “solido” che gioca quasi esclusivamente le mani più forti, si limitano a chiamare i miei rilanci preflop, impedendomi così di capitalizzare nella fase preflop la selezione delle mie mani.

In ogni caso penso proprio sia necessario modificare un po' il mio gioco contro avversari che per un motivo o per l'altro mi conoscono abbastanza bene, anche se “snaturare” in parte il proprio stile è una delle cose più difficili da fare nel poker, ma anche tra le più importanti per poter affrontare ogni tipo di avversario. I migliori giocatori professionisti sono, a mio parere, proprio quelli che sanno modificare il gioco nel corso della stessa partita, che danno meno riferimenti in assoluto agli altri giocatori e che sanno adattarsi alle diverse situazioni del tavolo.

Un vecchio adagio del poker, da non dimenticare mai, recita “E' importante saper giocare gli avversari, non solo le carte”!

Infine, consentitemi di dirlo, durante tutta questa prima parte dell'Italian Poker Tour sono stato anche un po' perseguitato dalla sfortuna (forse ho restituito quella che ho ricevuto in altri tornei all'estero...). Come ad esempio in quest'ultima tappa a Sanremo, quando dopo una serie di mani sfortunate che mi avevano ridotto sensibilmente lo stack, ho trovato la possibilità di rifarmi con in mano AA...possibilità che è stata subito frustrata da una coppia di 10 con set al flop e tanti saluti al mio torneo.

Tutte scuse direte voi...e forse avete anche ragione, perché di certo posso e devo giocare un poker migliore.
Però il sospetto che qualcuno mi stia “gufando” o che forse il mio staff mi voglia più presente al lavoro e meno al tavolo, comincio ad averlo. Credo proprio farò qualche indagine...

Un saluto a tutti

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