New school vs Old school (1° parte)
Il poker che si gioca oggi soprattutto online, ma anche live, presenta notevoli differenze rispetto a quello della fine degli anni Novanta (quando ho iniziato a giocare io, giusto per capirci…) e dei primi anni del Duemila. La strada è stata aperta prima da Daniel Negreanu, con la teoria del gioco smallball, ma è stata ampliata e sviluppata dalla nuova generazione di grinder dell’online che si sono poi riversati anche nei tornei live.
In particolare è stata resa sistematica un’aggressività costante ma controllata nella fase preflop.
Le “regole “ della vecchia scuola del Texas Hold’em, per quanto concerne il gioco preflop erano: selettività delle mani in base alla posizione al tavolo; raise consistenti con le mani migliori (3-4 volte il big blind); limp con le mani marginali o speculative.
Il poker di oggi ha ribaltato queste idee: il rilancio preflop diventa costante (il limp è abolito), spesso in maniera indipendente dalla posizione e dalla forza intrinseca della starting hand. Molti giocatori rilanciano ora con frequenza quasi sistematica proprio dalle early position. L’entità dell’open raise è però diversa, più bassa, e oscilla dal miniraise (2x) a 2,5 volte il grande buio.
Questo approccio loose aggressive al Texas Hold’em dà molto peso alla fase preflop e porta spesso a situazioni che vedono tribet e forbet decidere la mano prima ancora che il dealer disponga le prime tre carte del board.
In un certo senso questo è anche un po’ il suo limite, se non altro dal punto di vista della godibilità del gioco che, a parere di chi scrive, sta soprattutto nell’azione sulle varie street, dove è possibile cercare di leggere la mano dell’avversario, studiare la giocata, applicare strategia e tecnica.
Tuttavia, bisogna ammetterlo, questa nuova scuola presenta dei vantaggi. Cerchiamo di capire quali sono.
Per prima cosa rende le starting hand meno leggibili. In passato, un rilancio 3,5x da utg indicava chiaramente una mano forte, mentre un limp corrispondeva ad una mano speculativa come ad esempio J10 suited. Adesso, coloro che seguono la “new school” aprono da utg a 2-2,5x indifferentemente con coppia di 6 o coppia di A. Il problema è che in questo modo si fa molta più fatica ad agire contro di loro: dopo 3 rilanci di fila viene automatico decidere di “fargliela pagare” tribettando, e magari è proprio la volta in cui hanno in mano una monster! Quindi, prima di tutto meno leggibilità.
Il secondo elemento a favore di questa strategia sta nel fatto che open-raisando molto spesso si mette sotto pressione l’avversario. E’ una strategia destabilizzante, che ci mette nell’incertezza ogni volta che decidiamo di entrare in gioco. Faccio call? Tribetto o foldo? E chi parla dopo di me cosa deciderà? Immaginate di avere al tavolo 4-5 giocatori che si comportano così e avete l’idea di quello che succede oggi quando si gioca un torneo di alto livello sia live che online. La situazione più problematica si ha proprio quando ci troviamo in mid position e dobbiamo reagire ad un’apertura di un avversario “loose aggressive” da early position. Il rischio “sandwich” è dietro l’angolo…
Inoltre, il rilancio preflop, se non arriva la tribet, consente di essere l’aggressore anche al flop e magari di incassare il piatto con una classica continuation bet.
Per concludere, l’entità del raise è molto importante. Per prima cosa, se arriva la tribet, è meno oneroso foldare. Inoltre, si creano piatti meno consistenti, cioè si realizza quella forma di pot control teorizzata dall’approccio “smallball” ormai ben noto. Piatti “meno pesanti” al flop ci permette di investire meno per vincerli e comportano minore danno quando è necessario chiamarsi fuori.
Insomma che siate o meno esponenti della new school, bisogna ammettere che questa ha dei vantaggi. Ma come tutte le strategie di un gioco, esistono anche per lei alcune contromosse, di cui però parleremo nel prossimo numero. Nel frattempo, ponetevi questa domanda: io a quale scuola appartengo?