Alec Torelli: pokeristi non rinchiudetevi negli alberghi, godetevi Macao!
Alec Torelli é un giocatore di poker professionista che viene dalla California ma che regolarmente é in giro per il mondo. Torelli ha vinto più di 1.5 milioni di dollari in tornei live e più di 500.000 dollari in tornei online. Fra i suoi maggiori risultati: due final table alle World Series of Poker e due final table al World Poker Tour.
Potete seguire Alec su Twitter, Facebook o attraverso il suo popolare Blog.
Alec ci ha dato la possibilità di inserire su PokerNews.it qualche pezzo in italiano dal suo blog che lui stesso, grazie alla preziosa collaborazione di sua moglie Ambra, ha tradotto nella nostra lingua.
Ecco la sua prima, bellissima, fatica.
Il Mondo è Piccolo
La vita a Macao è conveniente: palestra e piscina sono nel mio residence, il supermercato fa consegna a domicilio, e l’ufficio (la Wynn poker room) é a meno di un centinaio di metri. Di conseguenza, la maggior parte del mio tempo qui potrebbe essere speso in un piccolo raggio: potrei non lasciare mai la zona dei casinò e usufruire ugualmente di tutti i comfort di cui ho bisogno.
In questo modo, però, non saprei nulla di ciò che Macao è veramente; di come davvero funziona la sua società. Uscire ed esplorarne gli angoli più remoti mi fa sentire orgoglioso e a mio agio nel chiamarla "casa".
Qualcosa di semplice come vagabondare per le aree in cui vivono i veri macanesi, lontano dalle strade turistiche e dai centri commerciali di lusso, è un’esperienza davvero rivelatrice. Mi rattrista sempre, quando vado ai tornei, vedere i giocatori spendere tutto il loro tempo nel casinò o nella loro camera d’albergo. Sembra che si stiano perdendo la più grande opportunità che il poker gli regala: quella di poter sperimentare la varietà del mondo come pochi altri possono fare.
Durante la preparazione per il Mid Autumn Festival, per esempio, sono andato nel Red Market District. I bambini giocavano a palla per le strade, addobbate a festa con lanterne colorate, pullulanti di venditori ambulanti che proponevano ogni sorta di ‘street food’. I monaci distribuivano ‘moon cakes’ (un dolce tipico cinese a base di pasta di semi di loto e tuorlo d’uovo) ai passanti, e gruppi di adolescenti cercavano di convincere me e Ambra a provare le loro tradizionaliciotole di palline di pesce.
Troppe volte ho usato la barriera linguistica come una scusa per evitare l’interazione con le persone. La difficoltà a strutturare un concetto basilare col mio cinese rudimentale mi rende più facile indicare con le dita quello che voglio ed esprimermi a gesti, senza mai conoscere veramente nessuno. Fare così però è sbagliato; ci allontana come esseri umani.
Più vedo il mondo, più mi rendo conto di quanto simili siamo tutti quanti. Di come, in fondo, lo scopo di tutti sia quello di vivere e amare. Di come, al di là della superficie, i ragazzi che bazzicano davanti alle bancarelle di palline di pesce non sono poi così diversi da me.