Poker, Media e Politica: il caso Repubblica vs Corriere
Da alcuni mesi i media italiani hanno aumentato in maniera considerevole la loro attenzione per il settore del gaming in generale, e in particolare per il poker.
Dopo il recente servizio apparso su Le Iene, incentrato sull'equivalenza "poker nei circoli=bisca", negli ultimi giorni anche i due principali quotidiani nazionali, La Repubblica e Il Corriere della Sera, si sono occupari di poker, mettendo in luce posizioni antitetiche.
L'articolo apparso su La Repubblica, è in sostanza un resoconto del convegno “Poker live? Un buco nero nella normativa italiana sui giochi”, organizzato da Jea srl, Agimeg e Jamma, nel corso della Fiera Enada Primavera, e punta il dito sullo stato di anarchia che regna nel settore del poker live nel nostro Paese.
Argomento ben noto a chi conosce questo mondo, ma che ancora una volta lascia basiti quando, in maniera del tutto corretta, nell'articolo si evidenzia come "Esista una legge in merito, già pubblicata in gazzetta ufficiale. Manca però il regolamento attuativo. E non c’è nessuno in Italia che abbia il coraggio mettere la faccia sulle 1000 licenze per poker room previste ormai da due anni. Si gioca senza regole, senza tasse, con le forze dell’ordine che ogni tanto fanno irruzione in qualche circolo e i Tribunali amministrativi delle varie regioni che nella maggior parte dei casi riaprono i battenti ai medesimi locali." Con l'avvallo ora anche della Cassazione, aggiungiamo noi.
Fa piacere notare come questo pezzo vada a correggere, o per lo meno a rendere più chiara, la posizione della redazione del giornale su questo argomento. Infatti un precedente reportage del giornalista di Repubblica Fabio Tonacci si era concentrato sulla situazione dei circoli della capitale, in cui si gioca "in maniera illegale a poker live" e soprattutto si pratica anche il cash game, ovvero "...l'azzardo puro, il poker più proibito."
Ora invece l'opinione del quotidiano è che "...nel caso di attivazione della rete, si prevede si possa arrivare (tra dealer, direttori di sala, addetti al bar etc) tra i 15 e i 18mila posti di lavoro" e ancora "...Attivare le mille sale già autorizzate per il poker garantirebbe secondo una stima dell’Erario un miliardo di euro." Una sottolineatura rilevante.
Di tutt'altro tenore il pezzo apparso su Il Corriere della Sera, a firma di Emanuela Di Pasqua. Titolo e sottotitolo la dicono già lunga sul pensiero dell'autrice: Slot e videopoker, l'Italia dei giochi che cresce e rende sempre meno. Fatturato in continua crescita ma il gioco online è poco tassato e più difficile da controllare.
Si comincia con un'analisi delle cifre del mercato del gaming, da quando questo è passato da uno stato di assenza di regolamentazione (e in alcuni casi di gestione malavitosa) ad un regime legalizzato attraverso il controllo statale (a questo proposito vale la pena ricordare il pezzo apparso su Famiglia Cristiana nel 2011 dal titolo: “Giochi d’azzardo, lo Stato biscazziere”).
Ma al tempo stesso si evidenzia come un mercato in così grande espansione (fenomeno collegabile anche alla crisi economica), comporti anche un aumento del rischio ludopatie, come è ormai documentato da numerosi studi sociali.
Fin qui siamo d'accordo. I problemi iniziano quando si apre il capitolo del "...gioco online, cresciuto oggi al 16,3% del mercato dei giochi e completamente incontrollato."
Secondo la giornalista, i rischi principali in questo caso sono due. Da un lato il problema ludopatie, soprattutto per i più giovani, dal momento che "...il cyberspazio ne rende difficile il controllo, i ragazzini ne sono maggiormente coinvolti e questo nuovo ruolo di Stato biscazziere rischia di amplificarlo e minimizzarne i risvolti negativi agli occhi dell’opinione pubblica."
Dall'altro un problema fiscale. "Dal 18 luglio 2011 è infatti possibile giocare a poker dal computer di casa, un affare da 1,5 miliardi di euro al mese. Nessun controllo rigoroso sulla vera età dei giocatori, cifre da capogiro mosse da un semplice click e talvolta parecchi denari italiani che migrano verso altri Paesi, senza la possibilità di essere intercettati dalle casse erariali."
A parte alcune inesattezze piuttosto evidenti, a nostro avviso molte cose non tornano in questo ragionamento. Cominciamo dall'ormai immancabile equivoco mediatico dell'accostamento tra giochi d'azzardo (slot, lotto, gratta & vinci, e simili) e skill game (poker, in questo caso). Ma di questo si è già discusso a lungo e troppe volte, per cui non ci soffermeremo.
Il secondo punto che non ci convince è il problema ludopatie. Non possiamo essere ipocriti e affermare che con il poker online il rischio sia zero, ma che esso sia superiore ad altri giochi non risulta da nessuno studio. Al contrario, la cronaca è piena di casi di persone affette da sindromi di gioco compulsivo legato a slot, superenalotto, giochi da casinò. Qualsiasi attività ludica, a maggior ragione se di mezzo c'è la possibilità di vincere denaro, può comportare un rischio ludopatia. A parere di chi scrive, questo è tanto più vero quanto più l'aspetto di aleatorietà (che definisce in maniera precisa il concetto di gioco d'azzardo) è prevalente. Risulterebbe un po' strano sentir parlare di casi di ludopatia legati agli scacchi, ma non ci stupisce se questo disagio è associato alla roulette.
Veramente l'autrice ritiene che il tabaccaio sia "...un potente filtro tra il giocatore e il banco e il giudizio sociale un forte deterrente in alcuni casi. Senza contare la maggior possibilità di controllo sull’età anagrafica"? Ci permettiamo di avere delle forti perplessità in proposito, così come dubitiamo siano "un filtro" i cassieri e gli ispettori di un casinò.
Il problema non sta in internet o nelle possibilità di falsificare di un documento, semmai sta nei valori, nei modelli e nelle possibilità di affermazione dell'individuo che un sistema sociale propone. Ovvero nel binomio su cui si fonda la civiltà di un Paese, cultura e lavoro. Quando mancano questi, non c'è "filtro" che tenga...
Infine, sul versante del prelievo fiscale, è noto che tutte le pokeroom italiane pagano una licenza ad AAMS per poter operare e che tutte le vincite sono tassate alla fonte (sui buy-in dei tornei o sulla rake del cash game). Piuttosto, come indicato nell'articolo di Repubblica, chiediamoci quanto di più incasserebbe lo Stato con la regolamentazione del poker live!
Secondo il vice presidente nazionale del Sindacato Totoricevitori Sportivi, Giorgio Pastorino citato da Emanuela di Pasqua, "...la tassazione sui giochi online è nettamente più bassa rispetto a quella applicata ai giochi tradizionali e il payout (le vincite dei giocatori) del poker e dei casinò online è elevatissimo. Il mix di queste caratteristiche ha fatto calare sensibilmente le entrate erariali, nonostante i volumi di gioco crescano senza sosta, aumentando contemporaneamente l’allarme sociale." Come dire, visto che le casse dello Stato piangono, incentiviamo i veri giochi d'azzardo, dato che rendono di più in termini per l'erario.
Infine, ci stupisce per palese mancanza di equilibrio la conclusione della giornalista de Il Corriere, secondo la quale le persone, soprattutto i più deboli, sono liberi di "...giocare ora poste sempre più alte, comodamente seduti davanti al pc di casa, liberi di rovinarsi a colpi di “all in” e facendo finta di dimenticare che alla fine, sui grandi numeri, il banco vince sempre." No comment.
Non ci stupisce invece che l'argomento gaming sia così presente sui media italiani. Non soprende perché questo settore dell'economia ha assunto un'importanza non più secondaria nel nostro paese, e di conseguenza anche un ruolo importante in termini di programmi politici.
In una fase politica molto complessa per l'Italia, che potrebbe anche vedere un ritorno alle urne in tempi non troppo lontani, gli opposti schieramenti iniziano a confrontarsi anche su questo terreno, affilando le armi della comunicazione.
Forse, senza saperlo, siamo già in entrati in campagna elettorale.