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Sergio Castelluccio: "Vi Racconto il Mio Più Grande Rimpianto"

Giovanni Angioni
Giovanni Angioni
8 min read
Sergio Castelluccio

Considerato uno dei giocatori di poker più bravi in Italia, Sergio "geniodelletartarughe" Castelluccio è stato più volte a pochi passi dal mettere a segno uno di quei colpi che potrebbero cambiare la vita di qualsiasi giocatore.

Come quella volta nel 2012, quando ha quasi lasciato Montecarlo con la picca dell’European Poker Tour (EPT) Grand Final Main Event in valigia. A soli tre mesi di distanza dai 17.000€ vinti al Main Event dell’EPT di Deauville, Castelluccio si è presentato a Montecarlo per giocare un torneo che ancora oggi ricorda come il suo "più grande rimpianto."

Pur avendo giocato il torneo in maniera praticamente perfetta (quasi) fino alla fine, Castelluccio è infatti stato costretto a lasciare il tavolo finale. Per lui nulla più di una quarta posizione, un premio di 400.000€ ed il sapore amaro del non avercela fatta.

Un anno più tardi, nel 2013, ha nuovamente cercato di fare il colpaccio andando a Las Vegas per giocare il Main Event delle World Series of Poker . Anche se questa volta il field era di dieci volte più grande rispetto a quello di Montecarlo, Castelluccio ha continuato a farsi strada giocando una carta dopo l'altra con la speranza di diventare il primo giocatore italiano a portare anche a casa il più prezioso bracciale di tutti.

Anche questa volta, però, la sua maestosa run nel torneo non è finita come avrebbe voluto, e la sua avventura alle WSOP si è arrestata con un quattordicesimo posto ed un premio di 451.398$.

Nono nella all-time money list con vincite in tornei dal vivo per 1.740.896 dollari (fonte:HendonMob), Castelluccio ha recentemente partecipato all'EPT di Deauville per tentare di portare finalmente a casa quel grande titolo che ancora gli manca in bacheca.

Fuori dal Main Event già prima della fine del Day 1a, Castelluccio si è fermato con PokerNews per discutere dei suoi risultati passati, del mercato delle sponsorizzazioni e del il modo in cui l'industria avrebbe bisogno di trovare nuovi personaggi per riuscire a rendere il gioco di nuovo davvero divertente.

Per quanto insoddisfatto tu possa essere del tuo EPT, la tua carriera nel poker include risultati decisamente soddisfacenti come le tue run all’EPT Grand Final nel 2012 ed al Main delle WSOP nel 2013. Ripensando a questi due tornei, come pensi che abbiano cambiato il modo in cui tu giochi a poker?

Se parliamo del mio modo di giocare a poker, direi che nessuno dei due episodi che hai citato ha davvero cambiato il mio approccio al gioco. L’evoluzione, nel poker, è un processo graduale e progressivo - è cominciato prima che quei due risultati arrivassero, ed è continuato anche dopo.

Credo che il modo in cui uno finisca con il cambiare il suo approccio al gioco non sia legato ad uno specifico risultato ma sia piuttosto parte di una evoluzione 'naturale' delle cose.

Tuttavia, non posso negare che questi siano stati due momenti molto importanti nella mia carriera di giocatore di poker. Anzi, la verità è che uno di questi due è probabilmente anche il mio più grande rimpianto.

Di quale parliamo? Del tavolo finale di Montecarlo, o di quello appena mancato a Las Vegas?

Parlo di Montecarlo. Quando sono arrivato lì, quando ho raggiunto il tavolo finale, ho sentito che avrei potuto farcela. Ho pensato che avrei potuto davvero portare a casa il titolo.

Quando siamo rimasti solo in quattro, e per di più con due giocatori non troppo esperti ancora al tavolo - la mia chip lead mi ha fatto sentire come se avessi l’heads up già in tasca.

Poi, purtroppo, le cose sono andate diversamente. Ho sbagliato una mano, sono stato sfortunato in un altro sport poco dopo - ed è finita lì. C’è poco altro da aggiungere.

Ti dico la verità, non avrei mai immaginato che sarei stato io il primo a lasciare il tavolo. Lì ci sono rimasto davvero male.

Quanto a Las Vegas, non ci sono rimasto così male come a Montecarlo. Probabilmente anche perché il field era molto più competitivo di quello dell’EPT e perché non mi sono assolutamente seduto al tavolo pensando che vincere il braccialetto sarebbe stata una passeggiata.

Immagino che quando le cose vanno come come sono andate a Montecarlo, si finisca con il subire un discreto colpo psicologico. Tu, come hai reagito?

Beh, in quel momento non c'è molto da fare - una volta che sei fuori, sei fuori. Non hai bisogno di trovare un modo per 'superare' qualcosa, devi solo prenderne atto ed andare avanti.

Certo, non sei sicuramente molto felice, ma il massimo che puoi fare è di andare a cercare qualcuno con cui parlare, qualcuno con cui possa commentare la mano.

La chiave, è il fatto di riuscire a capire dove tu abbia sbagliato e di imparare da quegli errori - questa è davvero la cosa migliore che uno possa fare. Quanto a me, personalmente, posso dirti che è andata così. So che gli errori che ho fatto e, spero che mi abbiano aiutato ad imparare una lezione.

A proposito di qualcosa di completamente diverso, tra un mese il Global Poker Index lancerà la prima edizione dei Global Poker Masters, una manifestazione che vorrebbe diventare 'la Coppa del Mondo del poker.' L'Italia sarà presente con Mustapha Kanit , Dario Sammartino, Andrea Dato e Giuliano Bendinelli - Qual è la tua opinione su questo evento e cosa pensi dell'idea di trasformare il poker in uno sport?

Non credo che il poker sia uno sport, e non sono sicuro che riuscirà mai a diventarlo. Per renderlo possibile, dovremmo cambiare moltissimo, avremmo bisogno di creare qualcosa di diverso, qualcosa di simile a ciò che forse il GPI sta cercando di fare.

Perché il poker possa diventare uno sport, abbiamo bisogno di sponsor in grado di offrire un montepremi importante a disposizione dei migliori giocatori della stagione. E poi, penso che avremmo anche bisogno di creare qualcosa di più simile ad un vero e proprio campionato - come accade nella maggior parte degli sport di oggi. Finché gli le persone dovranno pagarsi i propri buy-in da soli e chiunque potrà competere contro chiunque altro, saremo ancora lontani.

Ecco, a proposito del ruolo che gli sponsor dovrebbero avere nel poker, qual è la tua opinione sul mondo delle sponsorizzazioni al giorno d’oggi? Tra la fine del 2014 ed i primi due mesi del 2015 abbiamo visto contratti cadere come mosche. Che è successo?

Una sponsorizzazione di poker vera, nel 2015, non è altro che un miraggio. E’ un qualcosa che semplicemente non esiste.

Quando l'Italia ha lanciato il mercato del poker ‘punto-it', tutto era diverso da come appare oggi. Tutte le sale da poker volevano ottenere una certa visibilità, e questo ha fatto sì che praticamente ogni giocatore che un po’ in vista si sia ritrovato con un contratto e la patch di uno sponsor.

Sono sicuro che questo ha in qualche modo dato i suoi frutti e credo che le sale da poker abbiano anche ottenuto un certo ritorno da questa strategia. Penso che che alcuni nomi abbiano effettivamente lavorato per portare nuovi giocatori nell'ecosistema. Quanto ad oggi, però, le cose stanno semplicemente andando in un modo totalmente diverso.

Ora come ora, le poker room non hanno nessun ritorno dalla sponsorizzazione di un giocatore, quindi è normale che i team non esistano più. Di quelle sponsorizzazioni vere, di quelle che danno abbastanza soldi per giocare una stagione - non ne abbiamo praticamente più. Penso che uno degli ultimi veri contratti di sponsorizzazione ancora esistenti in Italia sia quello di Max Pescatori. Che per altro lo merita tutto.

Ma non è che questo sta succedendo anche perché non abbiamo più dei veri “personaggi” in grado di rendere il gioco qualcosa di molto più grande e più divertente di ‘un semplice gioco di carte?’ Sarà che non vivo più lì da dieci anni, ma quando penso all’ Italia, sento ancora di dover tornare indietro fino a Dario Minieri per trovare qualcuno di ‘diverso’ dagli altri. Sbaglio io?

No, hai ragione. Dario Minieri era uno in grado di fare la differenza perché era un vero e proprio personaggio. Poi, per carità, ti può non piacere il modo in cui lui gioca a poker, ma al tavolo Dario era un personaggio in tutto e per tutto.

Pensa a quando ha avuto l’opportunità di partecipare ad High Stakes Poker, a quando si è seduto al tavolo con quei nomi per giocare cifre assurde. A quel tempo, Dario rappresentava un mondo che in Italia la gente poteva solo sognare.

Quanto all’oggi, ho la sensazione che non abbiamo più nessuno come lui. La differenza di popolarità tra Dario e il secondo nella lista è enorme. E' stato un momento incredibile per il poker; era un ragazzino giovane ed aggressivo che però era in grado di mettere in difficoltà chiunque, indipendentemente dal loro nome, dalla loro età o dal loro bankroll. A quel tempo, il suo ‘spumeggiante’ modo di giocare a poker ha funzionato abbastanza bene - ed è per questo che gli ha consentito di portare a casa anche alcuni risultati molto significativi.

Minieri o no, i numeri dicono che il gioco non è più così popolare come soltanto qualche anno fa. Che la gente si sis già stancata del poker?

No, non penso. Se guardi a come vanno le cose per il poker live in Europa, vedi subito che la cosiddetta crisi del gioco è quasi esclusivamente un affare italiano.

A Deauville, abbiamo visto 592 giocatori al Main Event dell'EPT e 1.355 giocatori in quello delle France Poker Series, e qualcosa di simile è accaduto anche a Barcellona e Praga. Quindi, direi che uno dei principali problemi per il poker dal vivo in Italia sia la nostra cattiva gestione, non la crisi del gioco.

Per quanto riguarda il gioco online, è semplicemente successo quello che ogni giocatore un po’ esperto sapeva sarebbe accaduto: è imploso il sistema. Se si regola il mercato costruendo delle barriere al confine e, allo stesso tempo si permette sostanzialmente a chiunque di ottenere una licenza - si sta facendo chiaramente qualcosa di sbagliato.

Il numero di giocatori non cresce da un giorno all'altro, e questo significa che l'unica cosa che può seguire la frammentazione del mercato è la chiusura di tutte le sale da poker più piccole che ‘ci hanno provato.’ Il tutto, ovviamente, a vantaggio di quei due o tre grandi operatori che poi si spartiscono il mercato.

Hai detto che uno dei maggiori problemi in Italia è la nostra ’cattiva gestione.' Pensi che questo sia anche il motivo per cui l'EPT ha deciso di fare fuori Sanremo e di puntare su Malta? E poi, cosa ne pensi di questa scelta?

Come giocatore italiano, mi farebbe ovviamente piacerebbe avere un EPT in Italia. Tuttavia, personalmente, visto come sono andate le cose a Sanremo negli anni passati - credo Malta sia una location molto migliore per un evento come quello.

Mi piace la location, mi piace il modo in cui trattano i giocatori ed ho visto che si sono anche delle buone convenzioni che consentono ai giocatori di stare all’Hilton senza pagare alcuni prezzi folli.

In Italia, purtroppo, le cose sono sempre andate in modo diverso. Quando c’è di mezzo un evento importante, anche le bettole peggiori aumentano i prezzi delle stanze a livelli impossibili per spremere soldi dai giocatori.

Poi, una volta al casinò, in Italia si viene trattati senza alcun rispetto. Puoi stare al tavolo a giocare per tutta la notte, puoi avere 10.000€ sul tavolo - che comunque ti devi pagare pure un espresso. Qui da noi non sembrano rendersi conto che in realtà i soldi li fanno quando noi andiamo a giocare da loro, non quando andiamo da un’altra parte.

Diciamo che Sanremo è l'esempio della cattiva gestione italiana. Dispiace dirlo perché abbiamo delle eccellenze incredibile, delle cose che andrebbero valorizzate al meglio - purtroppo però, per un motivo o per un altro, non lo facciamo.

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