Scommesse on line: bookmaker sporge denuncia contro l'Italia
Dopo la decisione del governo italiano di inibire da fine febbraio 2006 l'accesso ai siti esteri non autorizzati alla raccolta di scommesse on line, un bookmaker sporge denuncia presso l'Ue.
Come è stato già detto in un articolo precedente, l'Italia ha varato un decreto che proibisce ai provider di fornire l'accesso ai siti esteri non autorizzati dall'Italia alla raccolta di scommesse. La legge è entrata in vigore venerdì 24 febbraio 2006 e prende di mira circa 600 siti proibiti dal Ministero dell'Economia, ed elencati in una lista pubblicata sul sito dell'AAMS ( Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato). Tra i siti oscurati colpiti dal divieto figurano alcuni dei più grandi operatori nel campo della raccolta delle scommesse: Party Poker, PokerChamps, Pokerrom, PacificPoker, Betfair... i grandi nomi invece ancora accessibili sono: EuroBet, Pokerstars, EverestPoker, Fulltilt, TitanPoker.
Secondo Giorgio Tino, il Direttore generale dell' AAMS, il divieto mira sia a "contrastare un vero e proprio attacco" via Internet degli operatori non autorizzati dalla legge italiana, sia a "bonificare" il settore. Il tutto nel rispetto dei principi comunitari.
A sentire invece Thibault Verbiest, avvocato specialista sul commercio elettronico e sulla società dell'informazione presso lo studio franco-belga Ulys, il divieto provoca reazioni tanto in Italia quanto a livello europeo. In Italia, "i bookmakers e i providers hanno dato luogo a una vivace discussione con il governo italiano riguardante "l'applicazione della nuova legge finanziaria".
A livello europeo "un operatore di scommesse ha già sporto reclamo presso la Commissione europea" ci ha riportato Thibault Verbiest. Secondo quest'ultimo, "l'illegalità del provvedimento italiano è incontestabile", e il governo italiano non avrebbe rispettato in particolare due direttive europee.
La prima direttiva riguarda l'obbligo di notifica dalla Commissione europea delle decisioni prese dagli Stati membri. La seconda direttiva riguarda invece il commercio elettronico e il divieto di misure volte ad instaurare obblighi al controllo di Internet. In altre parole, "eccetto casi molto particolari, solo un giudice può ordinare ai fornitori di accesso di selezionare i dati su Internet" spiega Thibault Verbiest.
Il dibattito giuridico dovrebbe vertere anche sulla libera prestazione dei servizi nel settore dei giochi di azzardo nell'Unione europea. L'Italia conduce attualmente un braccio di ferro con alcuni operatori che propongono giochi d'azzardo agli internauti italiani. Si tratta di una battaglia economica e giuridica che ha già dei precedenti a livello europeo, come la famosa sentenza della Corte di Giustizia europea sulle scommesse on line: la sentenza Gambelli del 6 novembre 2003.
In questa circostanza, la Corte europea, impugnata da un giudice italiano, aveva posto il principio che uno Stato membro potesse praticare il monopolio dei giochi d'azzardo sul suo territorio in modo da poter proteggere "l'ordine sociale" e i "consumatori" contro puntate eccessive e il rischio di dipendenza.
D'altro canto lo stesso Stato non avrebbe potuto avvalersi di questa argomentazione nel caso di un"comportamento non coerente", come quello "di estendere significativamente l'offerta dei giochi sul mercato" e sviluppare il mercato dei giochi. La Corte di giustizia europea rilevava infatti che lo Stato italiano partecipava allo sviluppo dei giochi di azzardo sul suo territorio. Roma aveva, alla stessa epoca, proceduto in particolare "all'estensione di infrastrutture mediante il rilascio di 1000 nuove concessioni" autorizzanti "diversi giochi d'azzardo in Italia".
Un'altra vicenda di questo tipo, l'affare Placanica, è in corso di istanza alla Corte di giustizia europea, e dovrebbe dar luogo prossimamente a una decisione della Corte. Nessun dubbio che questa decisione darà del filo da torcere ai diversi attori del dibattito europeo.
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