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Poker: analogie tra gioco e business

Ilaria Pernice
Ilaria Pernice
4 min read
Poker: analogie tra gioco e business 0001

Avete mai pensato alle analogie tra poker e business?

Vi proponiamo questo articolo di Adam Warner apparso su www.schaeffersresearch.com, che analizza proprio queste possibili analogie.

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Ricordate il Boom del Poker? E' iniziato quasi esattamente 10 anni fa. Chris Moneymaker, allora un totale sconosciuto, vinse le World Series of Poker. Non solo non si trattava di un giocatore professionista, ma era anche approdato al torneo semplicemente qualificandosi con un torneo di poker online. Immediatamente tutti sono diventati esperti di poker…e altrettanto immediatamente tutti hanno iniziato ad avere delle lunghe e noiose storie di "brutte sconfitte" da raccontare in estenuanti dettagli.

Il mercato al rialzo del poker in sé è svanito col tempo, ma un nuovo mercato al rialzo si è formato. Di articoli su quanto le capacità di gioco nel poker siano analoghe a quelle per essere operatori di borsa/investitori di successo ne sono stati scritti un'infinità. David Einhorn, investitore di estremo successo, è anche un giocatore di poker molto abile, fatto che ha contribuito ad alimentare l'infinita analogia.

Un po' più di 20 anni fa, mi capitava a volte di giocare dopo il lavoro con alcuni operatori della Susquehanna. Non ricordo di aver mai vinto molto. Poi circa cinque anni fa ho letto degli articoli su come la Susquehanna apprezzasse che i propri operatori giocassero a poker, in quanto riteneva che fosse un buon indicatore delle loro future capacità commerciali. Col senno di poi, credo che in quelle partite io fossi il “pollo”.

Comunque, per dirla in breve, la metafora mi è sempre sembrata un po' forzata. E' vero che le capacità matematiche probabilmente traslano da un settore all'altro. Ma nel poker non sempre c'è tempo per calcolare esattamente le pot odds di una mano. Si deve possedere già la capacità di visualizzare la situazione e valutarla. Lo stesso avviene quando si sta trattando in borsa o si sta negoziando un affare e si riceve un ordinativo. E' meglio imparare a valutare il fattore rischio/ricavo bene e velocemente, altrimenti si rischia di perdere delle opportunità.

Inoltre, lo scopo del gioco in qualche modo differisce. Il poker è un gioco in cui si cerca di battere gli avversari al tavolo e si vince solo se qualcun altro perde. Non ci sono mai valori aggiunti. Se si è abili nel bluff e nello slow play e si riesce ad ingannare gli avversari, portandoli a giocare male la loro mano, si ottiene un guadagno netto. E' una delle capacità fondamentali per giocare con successo.

Investire/giocare in borsa non funziona così. Non si vuole battere nessuno. Semplicemente si cerca di accrescere il valore del proprio investimento.

E così, iniziando a leggere l'articolo "Risk Arbitrage – Investing and Poker" su StreetEye (segnalato da Abnormal Returns) ho pensato: “Ecco, ci risiamo”, e invece mi sono reso conto che affronta l'argomento in modo piuttosto originale e con un'ottima presa.

E' una lettura lunga a cui non si rende giustizia estrapolando solo alcuni punti, ma ecco alcuni spunti interessanti.

Il poker è un perfetto laboratorio per l'umana esigenza di correre rischi. Impartisce molte lezioni direttamente applicabili agli investimenti. Sono entrambi giochi di analisi e di processi decisionali elaborati nell'incertezza; psicologia ed emozioni umane; e 'fortuna'…che nel lungo corso diventa varianza, la strada tortuosa verso l'inevitabile fato a cui capacità, preparazione, resistenza mentale o la mancanza di tutto ciò ci hanno destinati.

Si tratta di comprendere il valore. Se hai una coppia di assi, è come avere un titolo ad alto contenuto di valore. La tua mano in quel momento vale molto più di quanto le persone al tavolo sanno. Il tuo obiettivo sarà ottenere il giusto prezzo per il tuo titolo. 

Se hai quattro quinti di colore, è come avere un titolo di sviluppo. Nell'immediato la tua mano è debole in temini di avversari che puoi battere, ma può crescere e diventare molto potente. Il tuo obiettivo sarà restare in gioco nella misura più economica possibile che renda conveniente cercare di chiudere il progetto. Portarlo avanti finché il costo non è eccessivo e poi trovare il colore e vincere un grosso piatto o riuscire in un mezzo bluff a un buon prezzo o foldare la mano se diventa troppo costoso.

Si tratta di valore previsto, in termini di rischio contro guadagno. Vuoi entrare in una mano in cui puoi avere un margine significativo. Quando la gestione dello stack lo permette, vuoi entrare in mani che costano poco ma nelle quali hai un grande vantaggio. Devi affinare le capacità per capire in base a quello che conosci dei tuoi avversari, da come hanno giocato la mano e dalla frequenza delle diverse mani, se la tua potrebbe essere la migliore. 

Realizzi i tuoi guadagni (per lo più) in base ad alcune decisioni cruciali. Un buon giocatore deve avere un margine di un paio di big blind in un'ora. E i pot sono 10-50 volte quel valore. Il segreto del gioco sta nell'effettuare la call giusta sui pot grandi per la maggior parte delle volte. 

Ma forse, ancora di più, si tratta di gestire lo stack. Devi grindare, cercando di restare in gioco finché non arriva la mano grossa con un'evoluzione veramente positiva. Se punti troppo, pur avendo margine, la varianza finirà per farti fuori. Quando il tuo stack si abbassa, devi valutare non solo quanto margine hai, ma anche se è grande abbastanza da rischiare una parte consistente del tuo stack e quante probabilità ci sono che arrivi una mano buona prima di essere costretto ad andare all in.

Ritengo che questo articolo guardi al poker in un'ottica più orientata agli investimenti mentre gli altri 500 che ho letto utilizzavano un'ottica più orientata al trading. Non dico di concordare con tutte le analogie proposte, ma sicuramente sollecita delle riflessioni.

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Ilaria Pernice
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