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Il bluff: questione di…cervello!

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Nicola Pagano
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Il bluff: questione di…cervello! 0001

Come riportato dal sito pokerfuse.com, alcuni ricercatori della Duke University (North Carolina, USA) hanno recentemente condotto un esperimento volto ad evidenziare che cosa succede nel nostro cervello quando bluffiamo a poker.

Utilizzando la visualizzazione con risonanza magnetica (MRI) e una versione del poker a una carta, dalla ricerca è emerso che le aree del cervello che utilizziamo nel bluff sono diverse a secondo che l’avversario sia “umano” o “computerizzato”.

L’idea è molto semplice: a 20 giocatori/soggetti è stata data una sola carta ed è stato chiesto loro di decidere se puntare o foldare. Se l’avversario chiama l’eventuale bet, si va allo showdown e vince la carta più alta. E’ emerso che il bluff è stato tentato nel 54% delle volte in cui i soggetti avevano una carta bassa.

I 20 soggetti del test sono stati fatti giocare contro avversari “umani” e contro un computer e contemporaneamente sottoposti a risonanza magnetica. A tutti è stato chiesto di cercare di memorizzare lo stile degli avversari, in modo da indurre al ragionamento prima di tentare un bluff o meno.
La risonanza magnetica ha dimostrato che una parte del cervello chiamata “giunzione tempo-parietale”(TPJ) viene attivata quando i giocatori tentano il bluff contro avversari umani giudicati competitivi. Finora quest’area del cervello non era mai stata considerata determinante nell’ambito delle interazioni sociali. In totale le aree del cervello utilizzate per decidere se un avvresario bluffa sono 55. A questi risultati va aggiunto che una precedente ricerca condotta all’Università di Londra, ha dimostrato che l’abilità di individuare un bluff è strettamente collegata a quella di saper bluffare. Come dire, i bluffer sono più abili a smascherare altri bluffer!

Si può inoltre inferire che i giocatori in grado di dare una connotazione “umana” ai loro avversari nel gioco online, anziché vederli come semplici avatar, abbiano un vantaggio sia nell’effettuare che nell’individuare un bluff. In questo senso l’attivazione della TPJ dimostra che questa parte del nostro cervello si è evoluta per il controllo della capacità di ingannare.

Il modo in cui lavora il nostro cervello a livello di interazioni sociali può certamente condurre alla comprensione di importanti fenomeni quali alienazione o empatia e, per quanto riguarda il poker, alla spiegazione del perché alcuni giocatori siano tanto forti nel gioco live, quanto deficitari in quello online (e viceversa).

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Nicola Pagano

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