Recensione Libri: "F. Mercantini: La Filosofia del Poker"
"Il poker è una metafora della vita: la partita comincia e finisce, si vince e si perde, si attacca e ci si difende, si è e si appare. Scopo del poker: vincere il più possibile. Come nella vita, del resto. Chi è il giocatore di poker? E' un uomo che non ha paura di mettere in gioco la posta affrontando il destino con le cinque carte in mano. I giocatori di poker non sono molti, mentre molti quelli che giocano a poker". Ho trovato in libreria una settimana fa "la Filosofia del poker" di Fabrizio Mercantini, editore Guanda.
E' un libro che si legge piacevolmente tutto d'un fiato. Un'azzeccata metafora della vita, fatta attraverso la descrizione semplice e sottile del gioco del poker. E' un mix tra un romanzo e piccole citazioni filosofiche. Non è un manuale ma una divertente finestra sul mondo del poker e sul modo in cui i giocatori riescono a farlo diventare filosofia. Il destino mischia le carte, ma sono gli uomini che giocano la partita, diceva Victor Hugo. Mercantini che si definisce un giocatore pigro, ci regala divagazioni letterarie e cinematografiche, curiosando nelle corti del Settecento e sui battelli che risalivano il Mississipi, o rievocando partite esemplari, come quelle che si giocavano alla Fanciulla del West, piccolo bar di Lucca. L'autore narra della nascita, intorno agli anni '60, della sua passione per il poker. Tre carte che diventano una scala reale, full serviti che perdono contro una coppia di partenza. Le somme giocate non hanno nulla di fantastico e i protagonisti sono gente normale, padri di famiglia e impiegati. Eppure le gesta del Turingia o del Morosini o del Ciroti, che cercano di organizzare la serata quando la moglie è fuori o il bambino è a letto, si leggono con l'ansia di sapere come finiscono gli scontri, dimostrando non solo la bravura narrativa di Mercantini, ma anche la grandezza del poker: un gioco che vale in sé indipendentemente dalla posta in gioco.
La parte «filosofica» è allegra, abbonda di consigli spiritosi, sicuramente più utili di molti libri per rafforzare l'autostima. Mercantini si diverte a compilare un campionario di pokeristi, geniali intuizioni sulle categorie dei giocatori: dal professionista al pollo. Un elenco dei vizi capitali applicati alle carte. Leggiamo di uomini ostinati e ottusi che come certi generali non si arrendono mai. Di vanitosi, concentrati nell'esibizione più che nel gioco, oppure dei pedanti, che devono sempre esprimere il proprio parere, di norma non richiesto. Dei riflessivi o dei frenetici. Si legge delle regole d'oro del poker, dallo stile nel sedersi al tavolo al momento giusto di smettere. Il poker, nonostante le apparenze, non è un gioco d'azzardo. E' piuttosto: «una rappresentazione teatrale dove recitano più attori ognuno una parte diversa. E' una continua messa in scena di bugie e verità, uno sforzo di apparire diversi da come si è, di dissimulare quello che in realtà siamo».
Naturalmente è un po' un vizio, ma anche una virtù, un mestiere, come il vivere in generale in cui le certezze sono poche. Nel poker la fortuna è sovrana, l'abilità, il coraggio, contano parecchio: ma con due sette in mano, spesso è consigliabile rinunciare a ficcarsi in un piatto ricco confidando nei capricci del fato. Il poker è anche erotismo, è battaglia, è rischio. E' un gioco che non può essere giocato senza denaro, perché altrimenti non avrebbe senso. Eppure vincere il denaro, sebbene sia importante, non è l'unico aspetto piacevole del gioco. La sconfitta può rappresentare, a volte, la possibilità più dignitosa e affascinante. Perché quelle cinque carte sono come la vita. L'autore preferisce il poker a 4, considerato un numero perfetto.
E' il poker ideale da salotto, frutto di un'evoluzione dalle origini incerte. Forse arrivò in Europa dalla Persia nel XIV secolo. Forse ha a che fare con il «Poken», tedesco del '600. Forse con il «Poque» amato dai francesi, parente dell'italiano Zarro che veniva vietato e nello stesso tempo faceva impazzire tutti, popolani e nobili, e che venne trasportato in Louisiana dai coloni transalpini. Certo è che il poker moderno nasce nei casinò del Mississippi, nel Far West, e dal tumultuoso disordine dell'America trae la sua forza. L'evoluzione ha coinvolto l'uomo come il poker. Perché internet e tv stanno cambiando radicalmente lo spirito, la filosofia, l'arte del gioco. Oggi si trasferisce in stanze virtuali, on line, senza tempo né spazio. Basta accendere il computer e trovare milioni di avversari sparsi ai quattro angoli del pianeta. Un tempo i bravi giocatori erano appostati sul confine, sempre incerto, tra ricchi industriali e mascalzoni. Ora i campioni sono casalinghe, meccanici, maestri in pensione. Nel nuovo poker globale, tutti possono diventare pokeristi.
Il libro è piacevole e divertente. Il tentativo dell'autore è di raccontare le ragioni del successo di un gioco di carte senza eguali. Leggerlo non è un azzardo.